Dove è nata la pizza: miti, leggende e documenti storici

Tradizioni
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Uno dei principali simboli del patrimonio culinario e culturale del nostro Paese è sicuramente la pizza. Conosciuta e diffusa ormai in tutto il mondo, imitata da tanti, la pizza si crede sia nata nei pressi di Napoli tra '700 ed '800. In realtà la questione delle sue origini, tra leggende e documenti più o meno autentici, ha un fascino molto particolare e tutt'oggi divide gli storici.

Dove è nata la pizza? Su Grand Chef Magazine ripercorriamo il suo fantastico viaggio nel tempo, fino ai nostri giorni e proviamo a svelarvi le vere origini della pizza.

La pizza è una pietanza semplice (da alcuni definita anche povera) realizzata con pochi ingredienti, facilmente reperibili e di basso costo.
L'impasto tradizionale è quello napoletano, realizzato con acqua, farina, sale e lievito madre. Questa ricetta base viene poi personalizzata da ciascun pizzaiolo a seconda dei risultati e dei sapori che vuole ottenere.
Nel mondo, ma in particolar modo in Italia e a Napoli, la pizza costituisce un vero e proprio must ed è uno dei cibi più consumati: secondo i dati di Ristorazione Italiana Magazine, in collaborazione con Accademia dei Pizzaioli, nel 2013 sarebbero oltre 1 miliardo e 600 milioni le pizze consumate in un anno dagli italiani.

Sulla sua storia insorgono ancora oggi numerosi interrogativi a cui proviamo oggi a dare una risposta.
 

Quando è nata la pizza? Ripercorriamo la sua storia

Per molti storici la pizza è da considerarsi una evoluzione o, se vogliamo, una reinvenzione, della tradizionale focaccia o schiacciata realizzata, con farro prima e frumento poi dagli etruschi e dai romani.
I primi racconti storici sulla pizza come oggi la conosciamo, vengono fatti risalire alla fine del Cinquecento. Secondo una ricerca dell'Università degli Studi di Udine, già a quei tempi nei pressi di Napoli venivano preparate diverse varianti di pizza soffice: dalla cosiddetta "mastunicola" alla pizza con i "cecinielli", una minutaglia di pesci. È in questo periodo che la pasta, realizzata con farina di frumento e cotta in forni a legna, veniva condita con strutto, olio, sale, formaggio e pepe per poterla rendere più appetibile e saporita rispetto alla classica schiacciata o focaccia.

Napoli a cavallo tra il 1400 e il 1500 era la maggiore città italiana per numero di abitanti, seconda in Europa solamente a Parigi. La maggioranza della popolazione (che ammontava a circa 300.000 abitanti) viveva in povertà, tanto che in questo stesso periodo venne coniato il termine "mangiatori di erba" (o mangiafoglia), in riferimento al consumo molto diffuso di cavolo o "foglia cappuccia", un alimento che costava poco e veniva quindi coltivato in tutti gli orti della città e del contado.
Come racconterà anche Matilde Serao ne "Il ventre di Napoli", in città si viveva di espedienti e si mangiava per strada, talvolta con le mani, riuscendo a trovare un piatto di maccheroni o ripiegando in quattro una pizza (la cosiddetta "pizza a portafoglio").
 

Dove è nata la pizza Margherita? Tra miti e falsi storici

A partire dal 1830 si trovano invece i primi riferimenti all'utilizzo del pomodoro che porterà alla nascita della tradizionale pizza Margherita. Non è chiaro in realtà se si tratti di un falso storico o di semplice fantasia, ma già un autore di nome Riccio, in una fantomatica opera dal nome “Napoli, contorni e dintorni”, parlò di una pizza con pomodoro, mozzarella e basilico.
Circa 35 anni dopo venne pubblicata la raccolta "Usi e costumi di Napoli" di Francesco De Bouchard, nella quale vengono descritte alcune pizze preparate a Napoli:

« Le pizze più ordinarie, dette coll'aglio e l'oglio, han per condimento l'olio, e sopra vi si sparge, oltre il sale, l'origano e spicchi d'aglio trinciati minutamente. Altre sono coperte di formaggio grattugiato e condite con lo strutto, e allora vi si pone disopra qualche foglia di basilico. Alle prime spesso si aggiunge del pesce minuto; alle seconde delle sottili fette di muzzarella. Talora si fa uso di prosciutto affettato, di pomidoro, di arselle, etc. Talora ripiegando la pasta su se stessa se ne forma quel che chiamasi calzone. »
                 (Francesco de Bourcard, Usi e costumi di Napoli, Vol. II, pag. 124)

La storia più conosciuta e diffusa sulla nascita della pizza Margherita riguardano però la preparazione realizzata da Raffaele Esposito. Il "pizzajuolo" napoletano della Pizzeria Brandi, invitato a corte nel giugno 1889, per onorare la Regina d'Italia Margherita di Savoia preparò per lei tre pizze. Una di esse fu condita con pomodori, mozzarella e basilico a voler rappresentare i colori della bandiera italiana. Camillo Galli, capo dei servizi della tavola della casa reale, inviò qualche giorno dopo una lettera ad Esposito confermandogli che le tre qualità di pizza realizzate per Sua Maestà la Regina furono trovate buonissime da quest'ultima. Esposito attribuì allora il nome della Regina alla sua pizza dando così origine alla Pizza Margherita.
 

Pizza: le origini del suo nome

Nel corso della storia vi sono stati numerosi dibattiti tra gli storici anche riguardo alle origini del termine pizza.
Per alcuni, l'etimologia del nome pizza si dovrebbe far risalire al termine "pinsa" (dal napoletano antico = schiacciare, pigiare), derivante, a sua volta, dal greco "pita" che altro non è che un'altra variante di pane o focaccia tipicamente mediterranea e balcanica.
Altri studiosi sostengono che la parola deriverebbe dal termine germanico longobardo "bĭzzo-pĭzzo", traducibile in "pezzo di pane" o "tozzo di focaccia".
Tali tesi possono sembrare contraddittorie, ma c'è da dire che difficilmente è possibile risalire all'etimologia della parola "pizza", essendo questa un alimento diffuso in tutto il mondo e da considerarsi una sorta di reinvenzione delle focacce preparate già da etruschi e romani.

Di recente, Giuseppe Nocca, storico della cultura alimentare e docente dell'Istituto Alberghiero di Formia, ha evidenziato come già in un documento notarile redatto nel maggio del 887 d.C., e conservato presso l'archivio della cattedrale di Gaeta, fosse presente questo termine. Si tratta di un atto di locazione di un mulino e di un terreno di proprietà del vescovato.
Qui il testo riportato dallo storico Nocca:
               «... ogni anno nel giorno di Natale del Signore, voi e i vostri eredi dovrete corrispondere sia a noi che ai nostri successori, a titolo di pigione per il soprascritto episcopio e senza alcuna recriminazione, dodici pizze, una spalla di maiale e un rognone, e similmente dodici pizze e un paio di polli nel giorno della Santa Pasqua di Resurrezione».

15 Giugno 2018